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I Musei del Cibo della provincia di Parma

un’esperienza per tutti i sensi e per tutti i gusti.

PREMESSE

  • Parma vanta alcuni prodotti, nel settore agro-alimentare, di altissima qualità noti a livello nazionale e internazionale (formaggio Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma, Culatello, Salame Felino, Coppa di Parma, Vini dei Colli di Parma, Pasta, Pomodoro, fungo Porcino di Borgotaro,) ed altri ancora ben noti a livello locale.
  • Il turismo eno-gastronomico è in forte crescita sia a livello quantitativo che qualitativo, a livello nazionale ed internazionale. Non a caso la stampa turistica e culturale dedica sempre maggiore attenzione a questo settore.
    A livello nazionale e internazionale stanno aumentando sempre più gli “Itinerari dei vini e dei sapori”, gli “Itinerari del gusto”, “Le vie del vino”, …
  • I prodotti tipici valorizzano l’immagine e qualificano l’intero territorio.
  • A Parma hanno sede alcune Aziende prestigiose del settore (Barilla, Parmalat, Mutti, Rodolfi, Industrie conserviere, Consorzio del Parmigiano, Consorzio del Prosciutto, Consorzio del Culatello, Consorzio dei vini dei colli) e tutta l’economia parmense è positivamente influenzata dallo sviluppo di questo settore.

OBIETTIVI

  • Oltre a valorizzare i singoli prodotti “raccontati”, l’economia e la cultura locale, i “Musei del cibo” contribuiranno alla costruzione di un nuovo prodotto turistico, sviluppando luoghi di attrazione per turisti insieme agli itinerari eno-gastronomici, che si integrano e sviluppano con quelli classici già esistenti sul territorio.
  • I Musei contribuiranno a valorizzare i luoghi di produzione tipica già “viventi” sul territorio, curando in particolare quelli più idonei per storia, processo e qualità, da inserire negli itinerari turistici, facendoli interagire con i musei stessi, con gli eventi in programma e con gli itinerari eno-gastronomici.
  • Qualificheranno l’intero territorio attraverso la cultura gastronomica, sia favorendo la crescita culturale degli abitanti e, in particolare, dei giovani, sia caratterizzando la qualità e l’immagine dei singoli prodotti tipici, del distretto agro-alimentare e del turismo gastronomico.

FOCUS

In seguito ad un approfondito studio preliminare è emersa la particolare tipologia dei musei, deputati a trasmettere la conoscenza dei processi di produzione di sette prodotti protagonisti dell’agro-alimentare nel parmense: formaggio Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma, Salame Felino, Pasta, Pomodoro, Vini di Parma, Culatello.

Per la loro specificità i percorsi espositivi dovranno:
– risultare particolarmente coinvolgenti ed emozionali;
– raccontare una storia e non solo mostrare delle cose;
– coinvolgere tutti i sensi (e non solo la vista);
– consentire la degustazione e l’acquisto del prodotto e di merchandising ad esso correlato

Inoltre la dislocazione sul territorio dovrà avvalersi di risorse economiche, organizzative e umane da individuarsi di comune intesa con gli Enti locali, Associazioni e Gruppi di volontariato, ottimizzando così un ruolo di promozione e coordinamento proprio dell’Amministrazione Provinciale.

Storia di un progetto

Albino Ivardi Ganapini

Cultura dei prodotti tipici e territorio: queste le chiavi di volta del progetto “Musei del Cibo” voluto dall’Amministrazione Provinciale di Parma. Lo stretto rapporto con il territorio rappresenta un aspetto strategico del progetto. È infatti una delle caratteristiche peculiari della “tipicità” e costituisce un elemento significativo di promozione e valorizzazione turistica.

Nel 1999 l’Amministrazione Provinciale di Parma, constatata la centralità del settore agroalimentare per l’economia dell’intero territorio provinciale, diede vita a uno studio per individuare alcuni progetti strategici che avessero rilevanza per il futuro del settore stesso e integrassero l’esistente per potenziarne valenze e prospettive in un’ottica di sostenibilità economica, cioè con capacità, una volta avviati dalla mano pubblica, di sostenersi con la generazione di risorse proprie. Nel quadro di un settore che vedeva presenti grandi produzioni tipiche, quali il Formaggio Parmigiano Reggiano, il Prosciutto di Parma, il Culatello, il Salame di Felino, il Pomodoro e le sue Conserve, la Pasta col leader mondiale Barilla, i Vini dei colli di Parma, il Fungo Porcino di Borgotaro, produzioni che coinvolgevano oltre 400 aziende, parve utile riproporre la storia, le origini dei prodotti. Con l’aiuto di uno storico locale e dell’Università di Parma fu organizzato un ciclo di convegni per dare assetto sistematico certo alla materia.
Gli altri assi portanti del settore agroalimentare parmense erano costituiti da una agricoltura di qualità, una industria alimentare particolarmente vocata con molte imprese a guida famigliare ma gestite in maniera manageriale, l’industria parallela dell’impiantistica alimentare leader nel mondo per alcuni segmenti produttivi, la Stazione Sperimentale delle Conserve come garante dell’avanzamento tecnologico del settore, l’Università con insegnamenti specifici per l’economia e il management, per l’ingegneria e le scienze dell’alimentazione, le Fiere di Parma col salone internazionale “Cibus” per i prodotti alimentari e “Tecnocibus” per le tecnologie. Cosa poteva servire per potenziare un quadro già così ricco?
Dall’analisi e dalle riflessioni relative emersero tra il 2000 e il 2001 tre progetti: il Distretto del Prosciutto per dare, a quella vocazione produttiva, politiche di tutela ambientale e di insediamenti tecnologici coerenti; ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana per l’alta formazione dei professionisti della ristorazione (ALMA nascerà nel 2004 nella Reggia di Colorno); i Musei del Cibo per celebrare e tramandare la storia dei prodotti d’eccellenza del territorio.

La storia dei prodotti, delle generazioni di agricoltori e artigiani che nei secoli ne hanno curato nascita, perfezionamento, diffusione, non solo era interessante di per sé a livello conoscitivo e documentale, ma offriva spunti di creatività e innovazione preziosi per l’oggi e il domani. Vedere al lavoro, tra le pene e le fatiche del passato, il genio creativo della popolazione, la tenacia e perseveranza nella competizione quotidiana del migliorare per risolvere problemi vitali, vedere i livelli di qualità dei prodotti e servizio al consumatore via via raggiunti indicava una strada obbligata, quella di fissare quelle storie con documenti e testimonianze. Ecco allora l’idea di più Musei, non di uno solo, distribuiti sul territorio, con attenzione alla vocazione di ogni area e al sito in cui collocarli. Dovevano essere luoghi della memoria, suoi custodi fedeli, ma anche teatro dell’oggi per tramandare la storia, salvata dal rischio di disperdersi, alle nuove generazioni. Ma dovevano essere vivi non solo per visitatori curiosi, ma anche per attività formative e divulgative sui caratteri dei prodotti, l’educazione alimentare al consumo. Per questo i musei dovevano essere dotati di sala per la degustazione e aula per la formazione e informazione di studenti, giornalisti, ricercatori, …

Il piano di fattibilità, attivato dal 2000, ha avuto realizzazione tra il 2003 e il 2014, condizionato dalla ricerca e disponibilità dei siti in cui collocare i singoli musei e dal reperimento dei finanziamenti per ristrutturazione dei locali e allestimento museografico. Alla ricerca dei siti, che dovevano avere attinenza coi prodotti e la loro storia, hanno contribuito, insieme all’Amministrazione Provinciale, i Comuni dei territori interessati, come anche le organizzazioni economiche dei produttori e i Consorzi dei prodotti tipici. Per queste realizzazioni c’è stato un grande lavoro di creazione del consenso tra gli stake-holders da parte della Provincia che guidava i progetti. Questo lavoro ha consentito anche di reperire le risorse per il finanziamento. I Comuni destinatari dei vari musei hanno messo la disponibilità dei siti per ospitare i Musei e hanno condiviso con l’Amministrazione Provinciale gli oneri per gli investimenti di ristrutturazione e adeguamento dei locali alle esigenze museali. Gli allestimenti museografici, dopo attenta ricerca storica e reperimento di documenti, oggetti e macchinari da esporre, sono stati finanziati dalla Amministrazione Regionale dell’Emilia-Romagna tramite i fondi europei destinati allo sviluppo rurale. Merito della Provincia e degli Assessori che si sono succeduti nel tempo all’Agricoltura, è stato quello di aver portato a compimento il programma originario di realizzazione dei Musei del Cibo secondo i criteri definiti. In tutto il processo ha giocato un ruolo decisivo l’Associazione dei Musei del Cibo di Parma, costituita dagli stake-holders prima citati, che ha assicurato la continuità progettuale del piano di realizzazione, garantendo anche la qualità degli allestimenti, oltre ad assicurare la regolare gestione dei musei, ora divenuti sei, nonché la promozione turistica e culturale e la comunicazione.
Il progetto dei Musei del Cibo ha comportato fra restauri e allestimenti museali, investimenti per 4 milioni di Euro. Dal 2004 al 2017 sono stati oltre 200.000 i visitatori che hanno varcato la soglia di questi luoghi della memoria, con una media di oltre 15.000 accessi l’anno in grado di sostenere economicamente la creazione di servizi dedicati, come Museum shop, guide ed eventi collaterali. Il 2014, con l’apertura delle ultime due sedi museali, ha registrato oltre 21.000 visitatori di circuito.

Nati dopo un attento percorso progettuale intrapreso dall’Amministrazione Provinciale di Parma e coordinato dagli Assessorati all’Agricoltura e al Turismo a partire dal 2000, i Musei del Cibo della provincia di Parma sono oggi organizzati in una Associazione culturale.
Lo stretto rapporto con il territorio rappresenta un aspetto strategico del progetto. È infatti una delle caratteristiche peculiari della “tipicità” e costituisce un elemento significativo di promozione e valorizzazione turistica. I Musei del Cibo vengono così ad inserirsi in maniera naturale nei percorsi eno-gastronomici varati dall’Amministrazione Provinciale, e vanno ad arricchire ulteriormente aree già punteggiate da emergenze paesistiche, storiche ed artistiche di rilievo.

Soragna, nella bassa parmense, tra la via Emilia e il Po, lungo la strada dei Castelli, a un sospiro dalla casa natale del musicista Giuseppe Verdi (1813-1901), offre la possibilità di riutilizzare lo splendido “casello” ottocentesco per la lavorazione del formaggio di proprietà dei principi Meli-Lupi a scopi espositivi, quasi museo di sé stesso.

Langhirano, culla del prosciutto, mette a disposizione l’ex Foro Boario, ampia costruzione ad arcate in sasso e cotto, di proprietà comunale, ormai in abbandono, per ospitare il Museo dei salumi. A 5 km lo straordinario quattrocentesco castello di Torrechiara, la Badia Benedettina e la strada pedemontana con la galleria d’arte della Fondazione Magnani Rocca (Dürer, Tiziano, Goya, Beato Angelico, Monet, Morandi,…).

Lungo le sponde del Taro, presso Collecchio, si trova la splendida Corte di Giarola, storica Grancia benedettina risalente all’anno Mille, antico centro di produzione agricola, con stalle, caseificio, allevamenti di suini e una ottocentesca fabbrica di conserve di pomodoro posta a ridosso del corso del fiume Taro e sede dell’omonimo Parco Regionale, importante area protetta per le emergenze naturalistiche, ubicata nei pressi dell’altro, importante Parco storico dei Boschi di Carrega e lungo il tracciato della Via Francigena, ricca di memorie e monumenti dell’epoca medievale. Un’ala della corte rettangolare viene scelta per ospitare il Museo del Pomodoro e il Museo della Pasta.

Dopo un anno di studi, ricerche e approfondimenti condotti da un Gruppo di Lavoro che metteva a punto le dinamiche del progetto, il 24 gennaio 2001 veniva costituito il Comitato Promotore dei Musei del Cibo, cui aderivano, oltre all’Amministrazione Provinciale, i Comuni di Soragna, Langhirano e Collecchio, interessati dagli interventi, l’Università di Parma, i Consorzi di tutela dei Prodotti Tipici, (Consorzio del Parmigiano-Reggiano; Consorzio del Prosciutto di Parma; Consorzio del Culatello), la Camera di Commercio di Parma e le Associazioni economiche di categoria (Agricoltori, Artigiani, Industriali, Commercianti).
Il Comitato Promotore a sua volta, nominava un Comitato Scientifico incaricato di stendere i progetti culturali, attuativi e di valorizzazione dei Musei, così da passare entro l’anno alla fase esecutiva, mentre la SOPRIP (Società Parmense Insediamenti Produttivi) svolgeva un’indagine sulle modalità di gestione dei Musei e sulle potenzialità turistiche del circuito. Si giunge così alla formulazione degli studi di fattibilità: analisi dei flussi turistici, individuazione delle localizzazioni e degli immobili, proiezioni sulla gestione economica, progetti espositivi di massima, definizione dei costi. In due anni si arriva alla definizione complessiva del progetto. All’ipotesi di una “Cittadella del cibo” ubicata nel capoluogo viene preferita la dislocazione sul territorio, per favorire la penetrazione turistica e la valorizzazione delle risorse locali. Una direzione centrale, garantirà, tuttavia, la coerenza della comunicazione e delle iniziative.

La valorizzazione culturale dei prodotti tipici che hanno reso famosa ed apprezzata nel mondo l’immagine di Parma avrebbe trovato nei Musei del Cibo un luogo privilegiato di approfondimento: la tradizione storica del prodotto, i documenti, le macchine e gli attrezzi per la lavorazione e per la comprensione dell’intero “processo”, le immagini della comunicazione, fino all’assaggio del prodotto stesso avrebbero costituito gli elementi caratterizzanti degli allestimenti espositivi.
Parallelamente il Comitato promotore, autotassandosi, finanziava la stesura dei progetti preliminari di attuazione, affidati a noti professionisti locali del settore, mentre il Comitato Scientifico elaborava, in stretto rapporto con i progettisti, il progetto preliminare dei singoli Musei.
All’interno del Comitato Scientifico venivano identificati i curatori incaricati al progetto esecutivo dei singoli Musei, iniziava la ricerca dei materiali, il lavoro di documentazione, le campagne fotografiche sul campo, mentre si lavorava alla comunicazione integrata (Marchi, sistema di comunicazione, Sito internet, eventi, …).

Tra l’autunno del 2002 e la primavera del 2003, grazie ai finanziamenti europei di “Agenda 2000”, della Regione Emilia Romagna, della Provincia di Parma, dei Comuni coinvolti, della Camera di Commercio, delle Associazioni di categoria e delle Fondazioni Bancarie locali, era possibile dare avvio ai lavori di restauro degli immobili, di proprietà pubblica (Langhirano, Collecchio) o affidati in comodato ad un ente pubblico (Soragna).

Sabato 29 novembre 2003, in una tiepida e solare giornata d’autunno viene inaugurato a Soragna e aperto al pubblico il Museo del Parmigiano-Reggiano. Domenica 2 maggio 2004, un giorno di sole dopo settimane di pioggia assiste al battesimo del Museo del Prosciutto e dei salumi.

Entro il 30 ottobre 2004 aprirà il Museo del Salame di Felino, prodotto tipico d’area, sostenuto dall’Amministrazione Comunale e ospitato nelle splendide cantine del Castello trecentesco, di proprietà privata e sede di un Ristorante di Charme, che si erge sui primi colli dell’Appennino fra la Val Parma e la Val Baganza. Il nuovo museo entrerà così a far parte del circuito dei Musei del Cibo.

Nel gennaio 2005 partivano alla Corte di Giarola i lavori di restauro dell’ala Ovest, conclusi nel gennaio 2007, che avrebbero portato, dopo il complesso allestimento, all’inaugurazione del Museo del Pomodoro il 25 settembre del 2010. Nell’autunno sarebbero iniziati i lavori di restauro dell’ala Nord, con il vecchio caseificio, per consentire l’apertura di un punto vendita per i prodotti tipici del territorio. La complessità degli interventi renderà necessario dividere l’intervento in due stralci, la cui conclusione si registrerà solo nel 2018.
Nel maggio 2005, grazie alla disponibilità di Barilla, uno straordinario nucleo di oggetti, materiali, documenti e macchinari storici per pastificio databili fra il XVIII ed il XX secolo venivano concessi in comodato per la realizzazione del Museo della Pasta sempre presso la Corte di Giarola. I lavori di allestimento (dopo un anno di restauri ai macchinari storici) si concludevano il 10 maggio 2014 con l’inaugurazione del museo che integrava il percorso del già esistente Museo del Pomodoro.

Nel 2009 partiva l’iter di progettazione del Museo del Vino, ospitato nelle cantine e nella ghiacciaia della Rocca di Sala Baganza, al centro dell’area vinicola del Parmense. Dopo il risanamento e il restauro delle cantine della Rocca, avviato nel 2013, il nuovo allestimento veniva inaugurato il 17 maggio 2014. Proseguiva, comunque, l’attività di integrazione delle infrastrutture dei nuovi musei: il 5 marzo 2016 veniva ufficialmente inaugurata e aperta al pubblico la Sala Degustazione del Museo del Vino di Sala Baganza e il 9 aprile 2016 la Sala Didattica dei Musei del Pomodoro e della Pasta a Collecchio.

Dal 2014 il Museo d’Arte Olearia voluto da Ernesto Coppini presso la sede di San Secondo Parmense per promuovere la cultura dell’olivo in area padana, si associa al circuito museale.

Il 2018 vede l’apertura, presso l’antica Corte Pallavicina di Polesine, gestita dalla Famiglia Spigaroli, del Museo del Culatello, sorto per iniziativa privata, ma pensato culturalmente e metodologicamente in coerenza con gli altri musei del circuito.

Con l’apertura degli ultimi musei, si è venuto a completare il tracciato della “Via del gusto”, un percorso che dalle terre della Bassa pianura conduce alla collina, attraversando diagonalmente la provincia e toccando tutti i Musei del Cibo.

Il cibo è un prodotto della cultura del territorio, della memoria della sua comunità, dei suoi saperi pratici e delle sue abilità artigiane.
Il cibo appartiene alla cultura di una comunità, di cui è strumento di senso. Ne è prova il fatto che alcune comunità considerano prelibati, cibi che per altre sono disgustosi; ne è prova l’evoluzione socio-economica che è andata di pari passo con la trasformazione delle abitudini agro-alimentari o, ancora, il fatto che il cibo è – nella nostra società – un mezzo di convivialità.
I prodotti tipici di un territorio rappresentano le opere d’arte della sua gente che li crea a partire da pochi elementi base forniti dalla natura; sono sculture lavorate dalla memoria di una comunità e rese eccellenza.
Se il prodotto tipico è un’opera d’arte, un museo è la sua casa; ma un museo che vive del territorio e della sua vitalità, che il museo stesso può e deve contribuire a rinvigorire.
Parma ha scelto di realizzare sei musei per i prodotti d’eccellenza del territorio, per consolidare la tradizione nel presente e proiettare la propria storia nel futuro.