Lungo il fiume Taro II – Lungo la via Francigena

Home/Percorsi turistici/Lungo le Strade dei Musei del Cibo/Lungo il fiume Taro II – Lungo la via Francigena

Description

Un paesaggio baciato dalla natura, ma anche dalla cultura. La Corte di Giarola, in cui ha sede il Museo della Pasta (e anche quello del Pomodoro), non solo si trova incastonata in un’area naturalistica di straordinaria varietà botanica e faunistica, ma sorge anche in una zona costellata dalle suggestive pievi romaniche che si snodavano lungo l’antica Via Francigena, importante percorso di pellegrinaggio medievale.

CORTE DI GIAROLA

Giarola sorge sulla riva destra del Taro, a metà strada tra Fornovo e Pontetaro, in una posizione di guado rispetto al fiume che collega due diramazioni della Via Francigena, e deve il suo toponimo alla parola “glarola” (indica la ghiaietta del Taro) di epoca tardo-romana o altomedievale.
Fondata intorno alla metà dell’XI secolo e di proprietà del monastero femminile di San Paolo, nei secoli la Corte crebbe d’importanza economica e strategica fino a quando, nel 1811, con la confisca dei beni decretata da Napoleone, venne venduta a privati. Oggi, divenuta di proprietà pubblica e restaurata, oltre a ospitare due Musei del Cibo (Pasta e Pomodoro), è sede del Parco Fluviale Regionale del Taro, punto di partenza per numerose escursioni naturalistiche e sede di un Centro Visite, in cui è proposto il percorso espositivo “Sotto il segno dell’Acqua”.

Uno scorcio dei porticati della Corte di Giarola

PARCO FLUVIALE REGIONALE DEL TARO

Secondo parco regionale del Parmense, il Parco Fluviale del Taro si sviluppa per oltre 20 chilometri lungo il fiume Taro, straordinario ambiente botanico e ornitologico, corridoio migratorio tra il Tirreno e il Po. Nel parco sono state segnalate oltre 250 specie di volatili che qui transitano annualmente, oltre a una ricca fauna ittica con specie tutelate dalle Direttive Europee, dovuta alla particolare geomorfologia del fiume, e alla presenza di caprioli, cinghiali, volpi, tassi, lepri, donnole, puzzole e faine.
Lungo il fiume, la vegetazione dominante è il saliceto con quattro diverse tipologie di salice. I terrazzi più elevati sono ricoperti in prevalenza da boschi di vegetazione arborea (salici, pioppi, ontani) e arbustiva (nocciolo, corniolo, biancospino). I canali di risorgiva e le acque ferme sono circondati da cannucce di palude, tife e giunchi; nei prati aridi spicca una rarità botanica, la Coriaria myrtifolia, presente in regione solo lungo il Taro. Nel Parco sono state censite oltre 700 specie di flora, molte delle quali rare.

Il corso del Fiume Taro all’altezza di Giarola

LE PIEVI DELLA VIA FRANCIGENA

Già dall’anno Mille, da tutta Europa pellegrini, mercanti ed ecclesiastici intraprendevano pellegrinaggi per visitare la tomba degli apostoli a Roma. Uno degli itinerari più antichi, tramandato in un quaderno di viaggio dall’Arcivescovo di Canterbury, Sigerìco, nel 990-994, è conosciuto come “Via Francigena” o “Strada Romea”, nomi che ne indicano rispettivamente la partenza e il punto di arrivo.
Nel Parmense, la Via Francigena, da due distinti punti di partenza, Fidenza e San Pancrazio, si riunifica all’altezza di Fornovo di Taro, per giungere al valico appenninico della Cisa e, da qui, guadagnare, attraverso la Lunigiana, la costa tirrenica.
Nel territorio da Vicofertile a Bardone, si trovano, lungo l’antico tracciato, importanti testimonianze del romanico mediopadano.
La splendida chiesa di San Geminiano a Vicofertile presenta una facciata a capanna con strati alterni di cotto e pietra, recentemente ricostruita (originali sono i rilievi del portale sud), e, all’interno, tre navate su pilastri con capitelli figurati del XII secolo. Degno di nota è il fonte battesimale, la cui vasca di forma ovoidale presenta figurazioni in rilievo che, alludendo ai riti battesimali, esortavano i pellegrini diretti a Roma alla conversione del cuore e alla penitenza.
La pieve di San Prospero a Collecchio, costruita nell’XI secolo e largamente ristrutturata nel Duecento, conserva nell’abside centrale decorazioni in cotto e in pietra e, all’interno, originali capitelli con figure zoomorfe del XI-XIII secolo. Nella navata sinistra si trova anche un bassorilievo in marmo bianco con il Battesimo di Cristo, opera di un maestro campionese del XII secolo.
La pieve romanica di San Biagio a Talignano, voluta dai monaci cistercensi ed eretta nel 1200, diventò punto di riferimento importante per i pellegrini in cammino verso la Città Eterna, che qui vi trovavano cure e ospitalità. Restaurata degli anni Trenta del Novecento, sono rimasti intatti la zona absidale e l’importante bassorilievo sulla lunetta d’ingresso della Psicostasi – San Michele pesa le anime dei defunti, insidiato dal demonio – che costituisce una delle rarissime rappresentazioni in Italia del giudizio finale attraverso la scena della pesatura dell’anima.
L’importante parrocchiale di Santa Maria Assunta a Fornovo, edificata nell’854 e ricostruita nell’XI secolo, è una delle pievi romaniche di maggior pregio, anche per la presenza di pezzi scultorei della scuola di Benedetto Antelami, con animali fantastici e figure umane, che impreziosiscono la facciata. All’interno, conserva un duecentesco paliotto d’altare in marmo scolpito, raffigurante le storie di Santa Margherita, e le due figure di re Liutprando e San Moderanno, poste nel nartece, probabilmente recuperate da un distrutto ambone contenente anche i due telamoni e la vigorosa lastra raffigurante l’inferno e i vizi capitali, oggi in facciata.
La pieve di Santa Maria a Bardone, fondata nel 1005, conserva sculture e bassorilievi di àmbito antelamico come la Deposizione e il Cristo benedicente e numerosi elementi decorativi erratici, forse provenienti da un pulpito del XIII secolo smembrato tra Cinque e Seicento, reimpiegati ora nelle facciate. Di grande suggestione la figura femminile, in forma di cariatide, che sostiene un capitello con figure demoniache, riutilizzato come acquasantiera.
Altri segni dell’itinerario della Via Francigena si trovano, all’interno del Parco Fluviale Regionale del Taro: la settecentesca Chiesa di Oppiano, oggi sconsacrata, che si affaccia sul fiume, e la ricostruzione seicentesca dell’antica pieve romanica di Madregolo, che si trovava lungo la riva del Taro e che, a causa delle continue inondazioni, forse crollò nel XIII o XIV secolo (dell’edificio originario rimangono soltanto quattro capitelli raffiguranti i simboli dei quattro evangelisti).

La pieve romanica di Talignano

FORNOVO E L’ARCHEOLOGIA DEL PETROLIO

A monte dell’abitato di Fornovo, non lontano da Neviano dei Rossi, fra la Val Baganza e lo Sporzana si trova il sito minerario di Vallezza, esplorato agli inizi del Novecento, in grado di sopperire alle necessità nazionali fino alla Seconda Guerra mondiale. Di proprietà della SPI – Società Petrolifera Italiana, poi passato all’ENI e oggi a Gas Plus, vi si estraeva gas metano e petrolio greggio molto leggero, quasi benzina. In questa valle l’estrazione del petrolio seppe raggiungere uno straordinario equilibrio con la natura dell’Appennino, dove agricoltori e petrolieri condividevano sullo stesso territorio due realtà in apparenza lontane e in conflitto.
Il sito minerario, di particolare interesse per l’archeologia industriale, è aperto su richiesta per le visite guidate (Ufficio turistico di Fornovo Taro) ed è interessato da un progetto di creazione di un Museo del Petrolio.

Foto storica della miniera petrolifera di Vallezza